Ho rinunciato alla vita nell'al di là. Mi è bastata quella nell'al di qua.
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Soltanto nel concetto di Dio coesìstono il concetto di èssere e il concetto di non-èssere. Soltanto di Dio posso dire: "Se avesse voluto esìstere".
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Il saggio pone alla fine di ogni affermazione il punto interrogativo?
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Dal momento che affermo il soggetto non posso più negarlo nel predicato. La frase "egli non esiste" denuncia una madornale contraddizione. (Parafrasando Wittgenstein: su ciò che non esiste bisogna tacere).
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Perché mai la vecchiaia si trastulla a sdrucire il corpo ed a sgualcire l'ànima?...Presto, accorrete, chirurghi plàstici e psicanalisti, novelli Mefistòfeli, correte a porvi riparo. Rammendate il corpo, e sia l'ànima, al presente intorpidita, almeno intorbidata.
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E' imputàbile alla limitatezza o impotenza intellettuale dell'uomo la Storia intesa come perenne "Ricaduta"? Se la Storia non è tale come definire il permanente oltraggio che l'uomo fa alla propria sbandierata dignità? Oppure non si tratta d'oltraggio bensì del frutto guasto della stessa sostanza dell'uomo, come a dire Natura?
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Comporre, mestiere oggi travaglioso e acclive: quasi quanto criticare il composto. Un misto d'azzardo e reità. Una ceffata, un'utopia. Ché la mùsica contemporanea pare aver infranto l'antico patto con la Fortuna, ed i musicisti strèttone un altro con il Caso. Un tempo l'òpera sopravviveva al suo autore, ora è l'inverso. Ai più la mùsica della seconda metà del Novecento non piace punto: pare che abbia in seno un cuore estinto. Fiduciosi, talvolta ostinati, gli autori contemporanei obièttano: "La nostra mùsica non garba perché poco ascoltata". Ma però ai più, detta mùsica, più tu gliela largisci e meno gli piace. Che fare? Dovrebbe forse il compositore, registrata la straziante disfatta della fruizione, affidare il suo riscatto all'intelligenza dei pòsteri che, per norma storicamente comprovata, ne capìscono di più degli antenati? Oppure, cospàrsosi il capo di cènere, dovrebbe chiùder bottega e tacersi tout-court? Il che equivarrebbe alla "morte della mùsica": anzi, a quella "morte dell'arte" preconizzata da Hegel... Ma no, ma no. Viva la mùsica contemporanea. Nè dismèttano, quanti vi si dèdichino, di mestare i suoni con la mèstola della santa vocazione. E un giorno o l'altro affiorerà all'orizzonte, dall'operosa semenza, il novello Rossini, il novello Schubert, in grado di superbamente resuscitare l'assentimento plebiscitario dell'universo musicòfilo, ne siamo certi. Sì, un giorno o l'altro. Probabilmente "l'altro".
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Comporre, mestiere oggi travaglioso e acclive: quasi quanto criticare il composto. Un misto d'azzardo e reità. Una ceffata, un'utopia. Ché la mùsica contemporanea pare aver infranto l'antico patto con la Fortuna, ed i musicisti strèttone un altro con il Caso. Un tempo l'òpera sopravviveva al suo autore, ora è l'inverso. Ai più la mùsica della seconda metà del Novecento non piace punto: pare che abbia in seno un cuore estinto. Fiduciosi, talvolta ostinati, gli autori contemporanei obièttano: "La nostra mùsica non garba perché poco ascoltata". Ma però ai più, detta mùsica, più tu gliela largisci e meno gli piace. Che fare? Dovrebbe forse il compositore, registrata la straziante disfatta della fruizione, affidare il suo riscatto all'intelligenza dei pòsteri che, per norma storicamente comprovata, ne capìscono di più degli antenati? Oppure, cospàrsosi il capo di cènere, dovrebbe chiùder bottega e tacersi tout-court? Il che equivarrebbe alla "morte della mùsica": anzi, a quella "morte dell'arte" preconizzata da Hegel... Ma no, ma no. Viva la mùsica contemporanea. Nè dismèttano, quanti vi si dèdichino, di mestare i suoni con la mèstola della santa vocazione. E un giorno o l'altro affiorerà all'orizzonte, dall'operosa semenza, il novello Rossini, il novello Schubert, in grado di superbamente resuscitare l'assentimento plebiscitario dell'universo musicòfilo, ne siamo certi. Sì, un giorno o l'altro. Probabilmente "l'altro".
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La mùsica di J. S. Bach è tra i maggiori sponsor di Dio.
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Se "Classicismo" è rispetto delle proporzioni, equilìbrio di forma e contenuto, rìgida osservanza dei cànoni... quella di J.S. Bach è l'espressione più alta e adempiuta del Classicismo musicale, e non già del Barocco secondo stancamente si ribadisce.
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Fulminea storia della mùsica. Poste le premesse da Palestrina, Rameau ha formulato le regole, Bach le ha assolutizzate, Mozart mondanizzate, Beethoven contestate, Chopin depravate, Wagner distrutte, Schoenberg sostituite, Berg rimpiante, Stravinskij sbeffeggiate, Bartòk folklorizzate. E dal secondo Novecento non più règole, la defùnta mùsica.
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Il dubbio sta sopra la certezza come la statua sopra il piedistallo.
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La Repùbblica platònica contemplava i sapienti (ossia i filòsofi) alla guida della cosa pùbblica. I sapienti, in quanto elevati all'alto ufficio, erano "polìtici". L'uomo polìtico tout-court, com'è inteso ai giorni nostri, risulta èssere una grave riduzione del sapiente platònico, o, peggio, ne appare un usurpatore.
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M'insospettìscono le persone virtuose da quando l'esperienza mi ha dimostrato che la pràtica delle virtù si rivela sovente un peccato di superbia.
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Se osserviamo con scrupolo noteremo che a propria salvaguardia la natura ha reso l'uomo del tutto assoggettato all'istinto di sopravvivenza, di cui è schiavo ogni altro istinto umano. Di conseguenza il nostro sentimento precipuo non può non èssere l'egoismo, dichiarato o mascherato che sia.
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Talete e Ippone di Reggio (o, secondo altre versioni, di Samo, ovvero di Metaponto) sono pienamente convinti che l'ànima è acqua. Anch'io. Oh! che squisite freschezze mi zampìllano dentro.
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La società pensa a se stessa ignorando l'individuo ancor più di quanto l'individuo pensi a se stesso ignorando la società.
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Quando la notte mi còrico assaporo l'intenso piacere dell'attesa: da un momento all'altro scomparirò a me stesso.
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Si dice che il saggio scelga la via di mezzo, ove notoriamente alberga la virtù. Anch'io la percorrerei, se sapessi dove si trova il "mezzo"... Una volta tutti si credèvano che la terra fosse nel bel "mezzo" dell'universo. Guarda te che brutta fine ha fatto questa rincuorante teoria.
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L'ìnfida Sorte e la cieca Legge mi fècero italiano, ma il mio cuore m'ha fatto olandese. Cristo nacque ebreo, ma nel corso degli anni divenne cristiano in base a ciò che disse. Io che debbo dire?
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La maggior parte degli uòmini non è affatto disposta a mettere in forse o a sacrificare i propri beni materiali per il conseguimento o per la salvaguardia della libertà. Molti di loro s'affatìcano da mattina a sera provvedendo al benèssere, o al miglioramento econòmico, di sé e della propria famiglia. Non di rado dichiarano di "non aver tempo" per "interessarsi alla polìtica", oppure assùmono nei confronti di questa un còmodo e teatrale atteggiamento di scetticismo: in realtà non vògliono èsserne coinvolti. Sempre alla crìtica o alla protesta o alla formulazione di un progetto civile e sociale antepòngono quell'indifferenza che lascia loro aperte le porte del quieto vivere. Questi uòmini vìvono a loro agio anche sotto le dittature più spietate, che a loro volta vèdono in costoro il modello del cittadino esemplare.
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Come nello spazio còsmico, per quanto ti muova a cavallo di un focoso "neutrino", ti trovi sempre nel centro, così io non riesco ad escire da me per vedere non dico le rimote catene de' monti ma i dimessi paraggi.
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Nel colmo della notte, quando la quiete sussurra al silenzio e l'antica congrega delle stelle è intenta a modellare l'interminato buio, il sottoscritto russa.
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Alcuni intèrpreti prèndono in esame la mùsica di Mozart come se il compositore salisburghese fosse vissuto in època romàntica. Una qualche vaga giustificazione ce l'hanno... Quando Mozart compose "Don Giovanni" Goethe aveva già scritto "I dolori del giòvane Werther" e lo "Sturm und Drang" era già sorto da diciassette anni.
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La cifra dominante in Mozart risiede nella facoltà di rèndere immediata la corrispondenza tra pensiero e suo oggetto. E ciò vale sia da un'angolazione estètica idealìstica, ove l'oggetto si risolve nel soggetto, sia da una materialìstica ed empìrica, ove i due poli sèrbano autònoma fisionomia. Come per Hoelderlin, anche per Mozart la realtà è "poètica" e manifesta la propria natura e le proprie ambigue contraddizioni nell'espressione del soggetto, il quale se ne appropria e nel contempo le solleva a superiore pacificazione. Da dove non più si distìnguono i confini tra i profondi contenuti della coscienza mozartiana e la trascendenza di una "Forma" sì pura da confòndersi con il "Gioco". Da qui lo stòrico dualismo interpretativo tra un Mozart emblema dell'apollineo, e un Mozart che pur nel suo lucore fà drammaticamente trasparire la sofferta materia dell'esistenza. Chi si accinga a tradurre in vita di suono l'universo del Salisburghese deve, comunque, offrire una chiave di lettura esatta ed icàstica, poiché altrimenti il mistero della poesia sarebbe non tanto mortificato, come accadrebbe nel caso d'altri compositori, ma sprofondato in una deprimente banalità. Per tale motivo Mozart è l'autore più arduo da affrontare. Per l'intèrprete sono in agguato, da un lato, il gusto narcisìstico del ricamo salottiero e dei "menus plaisirs", dall'altro l'incolta e volgare trasposizione nei prematuri ardori o nelle penombre di matrice ottocentesca. E peggio che mai, c'è il rischio dell'àrida ripetizione scolàstica, latitanza dell'intùito sotto la stèrile correttezza formale dell'esecuzione.
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Quand'ero giòvane avrei avuto tante cose da dire ma non sapevo "come" dirle. Anche oggi che giòvane non sono più avrei tante cose da dire ma non so "quali" sìano.
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La vita è troppo breve per sprecarne il tempo a lèggere, vedere, ascoltare le òpere dei "minori" o addirittura dei "mìnimi". Taluni confòndono l'aggiornamento con la cultura.
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Per evitare che bontà si sovrapponga a bontà con il risultato punto lusinghiero di neutralizzarsi a vicenda, intervallarle con le cattiverie.
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Sogno ad ora ad ora di non èssere in grado d'avanzare, d'èssere impedito nel perseguimento di un bene indecifrabile: un luogo, una persona, un'entità. Nel marasma di un volgo soffocante le mie gambe quasi paralizzate si lìmitano a minùscoli, esagitati scatti verso l'agognato obiettivo. Una sorta d'ossessione.... Però al risveglio mi sento confortato dal pensiero d'aver anch'io, dunque, il diritto d'èssere considerato un uomo, se "uomo" signìfica dannarsi ad una meta che ha nome "Nulla".
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Mi si para dinnanzi un gendarme corpulento e truce, i baffoni di pece spioventi, ossuto nel grugno, un cipiglio allampanato, nella mano il revolver puntato contro di me. Mi urla: "Sono il senso del dovere".
Mi si para dinnanzi un gendarme corpulento e truce, i baffoni di pece spioventi, ossuto nel grugno, un cipiglio allampanato, nella mano il revolver puntato contro di me. Mi urla: "Sono il senso del dovere".
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Notava Wittgenstein che la melodìa mendelssohniana manca di "coraggio".
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Non v'ha dubbio: c'è qualche cosa che non funziona nella natura: come se fosse affetta da un morbo patògeno vendicativo. Altrimenti come spiegarci che dalla nàscita alla morte non facciamo altro che vìvere?
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Attrazione. La ragione sta alla follìa come la "sensìbile" alla "tònica".
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E' affatto insufficiente il nùmero dei luoghi comuni di cui dispone il linguaggio verbale per gareggiare con i luoghi comuni dell'esistenza.
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Il fine d'ogni intèrprete è volto a rèndere quanto più possìbile eloquente ed immediata l' "immàgine" interiore di un campo sonoro. Partècipano a ciò l'intelligenza e la sensibilità", in un delicatìssimo rapporto d'equilibrio: l'intelligenza del testo - nell'accezione primaria del tèrmine : "intus legere", lèggere dentro - operazione eminente della "cultura"; e la sensibilità nel tradurre il testo medèsimo in espressione musicale, che è operazione guidata dal gusto non meno che dall'intuizione. Quando un interprete non è in grado d'armonizzare le due suddette e complementari dimensioni fallisce nell'intento che gli è proprio, sì che la mùsica giunge all'ascolto snaturata e ambigua. Se l'intelligenza del testo non è sorretta dalla sensibilità soggettiva ne sorte un'interpretazione dottamente filològica ma inerte e priva dell'animazione del "soffio poètico": si ha erudizione, cosa affatto diversa dall'arte. Per contro, se la sensibilità non è confortata dalla preliminare anàlisi e dalla "inquadratura" stòrica del testo si ha l' "irrazionale", destinato a identificarsi in un deteriore sensismo, in arabesco emotivo fine a se stesso. Tertium non datur.
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Beato il cieco che non vede la meta rispetto allo stolto che si distrugge a conseguirla.
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Insegnava Ugo Spirito, mio maestro di filosofìa teorètica, che vi è una falsa totalità, che è quella della somma, ed una vera totalità, che vive implicitamente in ogni particolare: ed è proprio di ogni particolare tèndere all'universale. Ho ripensato a questa teoria ascoltando "Tristan und Isolde" di Wagner, avendo conferma di come il capolavoro wagneriano incarni in sé, in ogni cèllula musicale, in ogni battuta, in ogni trapasso cromàtico, la sìntesi ideale della sua realtà poètica. Sotto tale profilo il "Tristano" è fra i paradigmi più emozionanti dell'affermazione dell'universale nel particolare, e della presa di possesso del primo da parte del secondo. Da qui la sua ineffàbile bellezza: dal rifràngersi delle sìngole e filiformi intensità melòdiche, dei febbrili flussi armònici, degli èmpiti vocali, nella struttura generale dell'òpera, che tutto avvolge e aderge a vibrazione di luce estàtica.
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Se leggi una poesia o un romanzo in traduzione è come se ti beassi di un'ubertosa sciantosa che ti negasse "la mossa".
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Dio ha creato l'uomo. L'uomo ha creato l'arte. L'arte ha messo il frac a Dio.
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Chi può negare che il dubbio più sùbdolo e radicale inerisca alla sfera della Fede? In vero, chi è avvezzo a dubitare di tutto si adagia presto sulla pacata constatazione del proprio stato. Ma chi è investito dal dubbio impreveduto e metafìsico è colto da un'apprensione intolleràbile e trascinato sulla soglia di un bàratro vertiginoso. Suo è il verace e atroce ignorare.
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Hendecasyllabe. Médiocrité, portrait de l'humanité.
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Talvolta il compromesso risulta figlio obbediente della ragione e padre snaturato della corruzione.
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Non potevo più procrastinare la vìsita in considerazione delle preoccupanti condizioni del mio stato di salute. Così sono corso dal dentista. Che m'ha cavato l'ànima ormai cariata e scollata dal corpo, e l'ha sostituita con mùsica.
Talvolta il compromesso risulta figlio obbediente della ragione e padre snaturato della corruzione.
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Non potevo più procrastinare la vìsita in considerazione delle preoccupanti condizioni del mio stato di salute. Così sono corso dal dentista. Che m'ha cavato l'ànima ormai cariata e scollata dal corpo, e l'ha sostituita con mùsica.
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Perspicace colui che vive nell'ovvio e non disdegna il banale.
Perspicace colui che vive nell'ovvio e non disdegna il banale.
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A chi mi loda o biàsima per ciò che penso e faccio raccomando caldamente d'astenersi dal giudicarmi in futuro, stante che nel bene come nel male non sono io l'autore di me stesso. Non èsito a confessare che se fossi dipeso da me, sarei ora l'èsito assai armonioso della combinazione e fusione di quattro elementi: il ragionare iconoclasta di Gorgia da Lentini, l'icasticità fiammeggiante di Voltaire, la mùsica trascendentale di Bach e il segno porcellone di Georg Grosz.
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Pesca a casaccio le parole sul dizionario e accòstale l'une all'altre, fino a che non assùmano un significato qualunque... Può darsi che tu non abbia mai pensato, detto o scritto cose così sorprendenti e acute come quelle zampillate dal puzzle.
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Una società senza ideologie - come oggi presume d'èssere la nostra - sarebbe come una religione senza teologia.
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Georg Trakl, il gran poeta maudit austrìaco, scrive nel 1910 il dramma per marionette "Blaubart" (Barbablù). L'antica fàvola di Charles Perrault, ripercorsa in due sècoli da letterati e artisti secondo moltèplici angolazioni interpretative - da Wilhelm Grimm a Maeterlink, dai fratelli Jacob a Tiek - è inghiottita nei tùrbini demonìaci dell'Espressionismo. All'età di ventitrè anni, Trakl è già disfatto dalla droga e dall'alcool, ossessionato dall'affetto incestuoso per la sorella minore Grete. Scrittore rivoluzionario, figlio notturno di Hoelderlin e di Novalis, e ancor più figlio delle polìcrome sinestesìe di Rimbaud, egli è cantore di devastazioni spirituali ma teso altresì ad ideali di mìstiche palingènesi, definito "il solo vero clàssico della poesia tedesca del Novecento". Tale poèta incendia la fiaba di Perrault in uno spàsimo di crudeltà nel quale il delirante protagonista confida Elisabette, sposa-vìttima, il proprio credo: "Odio, putrèdine e morte attìzzano il piacere" mentre la luna ubriaca rende lascivi gigli e salamandre... A fianco dei due soltanto mimi e altri due personaggi a spopolare il luogo dell'azione: un vecchio e un ragazzo: epifanie iniziali, proiezioni disperate di un Barbablù senza età: eterno come il Male da cui è divorato e vivificato. Il dramma è una folgorazione lìrica, specchio di sofferenza e corruzione sublimate nella densità della parola poètica. La voluttà dell'inferno e l'appetito di un paradiso negato desolatamente si congiùngono. Dice il vecchio a Barbablù: "Non ho mai visto, signore, uno al mondo che fosse come voi torturato": è Trakl che fùstiga e commìsera con altero narcisismo se medèsimo.
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Mi disistimo senza èsserne all'altezza.
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Il fine ùltimo d'ogni uomo dovrebbe èssere la conquista di quella mìnima dose d'intelligenza che gli consentisse di prender coscienza della propria lenitiva stupidità.
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Se questo, così com'è, appare il migliore dei mondi possìbili - secondo asserisce l'ottimismo razionalìstico della Teodicèa leibniziana - opino che mente umana non sarebbe in grado, neppur lontanamente, d'immaginare gli abissi d'orrore che racchiuderebbe, non già il peggiore, ma un mondo appena appena mediocre... Si benedica pertanto la Fato per la benigna sorte elargita agli èssere umani. (Da "Manuale di consolazione ad uso delle genti del Corno d'Africa").
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Ovviamente di ciò che non è non si può predicare nulla. Mi domando: "E di ciò che non è più?"
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Conoscevo un'aristocràtica famiglia torinese che quando si riuniva per affrontare questioni di natura pecuniaria soleva usare la lingua francese: come a nobilitare in qualche modo il vilesco argomento... Invece io, se mi sono poste questioni che inerìscono al mio èssere, la parola la stràngolo direttamente sul nàscere.
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Tra tutte le convenzioni la più superba e fràgile è la morale.
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Qui va écrire un petit livre sur la crise de la tendresse de Brahms à Fauré?
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Frequentai per breve perìodo un tizio bizzarro e dal caràttere introverso, che in qualunque frangente della vita si mostrava più traccheggiante - per usare una terminologia propria del linguaggio armònico - di un "ritardo della nota fondamentale". Non m'andava punto a garbo, quel tizio, benché il "ritardo" in mùsica mi abbia quasi sempre mandato in brodo di giùggiole: come un concùbito dall'acme ritardata affinché il piacere sia intenso quanto la folle passione che ha promosso l'atto copulatorio.
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Affinché non invecchi troppo presto (come aveva già constatato Aristotele), la riconoscenza è bene protèggerla in una guàina di silenzio.
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Coraggio! Non è vero che non si conosce tutto ciò che esiste ma è vero che esiste solo ciò che si conosce.
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Di fronte all'enigma dell'oggetto artistico di "avanguardia" anche l'attività dell'osservatore diviene "enigma". Il concetto stesso di "comprensione" dell'arte contemporanea si apre ad una così intricata molteplicità e contraddittorietà di significati, non soltanto estètici e gnoseològici ma sociològici e ideològici, da affondare nell'arbitrio. Seppur s'atteggi rassegnato al solipsismo, l'artista pare attendere con ansia la "caduta" del fruitore nell'indecifràbile ambiguità in cui lo stesso autore già vive ed opera, e verso cui la storia del linguaggio artistico insieme alla progressiva crisi del "sistema umanìstico" ha ineluttabilmente sospinto l'arte (ovvero la drammatica metamòrfosi di essa). Forse non si può "comprendere" - si usa qui il tèrmine nell'accezione generalmente intesa dalle estètiche filosòfiche - l'arte d'avanguardia o sperimentale perché essa non nasce dallo sviluppo, sia pur contestato, di un còdice linguìstico, ma da una norma che l'autore crea per distruggere: lo sperimentalismo sperimenta e nega se stesso, e il cerchio fulmineamente si chiude, prima che il fruitore abbia avuto modo di razionalizzare e tradurre in emozione l'operazione, definirne la dinàmica, còglierne i nessi e i contenuti. Pertanto il problema dell'avanguardia, e in particolare delle sue sìngole òpere, non può porsi in tèrmini d'arte o di non arte per l'inattuabilità del giudizio estètico che è diretta conseguenza della decifrazione del linguaggio. Ecco perché l'arte d'avanguardia si offre ai più - ironìa della sorte - mediante un pulviscolare e romanticìssimo "impressionismo", e il pubblico assente o dissente intorno a ciò che non può giudicare. L'angoscia dell'arte contemporanea è la sua solitùdine, e la solitùdine è morte.
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L'èssere umano è non meno sgradèvole che compassionèvole.
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Da giòvane solevo riflèttere. In età matura mi lìmito a rimuginare.
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Sono in molti ad esprìmere un giudizio estètico sulle òpere di una plurisecolare civiltà musicale avendo a metro di riferimento e supremo ideale il linguaggio melòdico-armònico del Sette-Ottocento. Similmente a quei turisti che all'èstero giùdicano le cucine locali in rapporto a quella patria. Vero si è che adeguarsi alle peculiarità culinarie d'oltre confine non signìfica elogiarle ad ogni costo, bensì evitare goffi confronti con la propria. Così per la mùsica d'avanguardia del secondo Novecento: è insensato sentenziare su una pàgina di Stockhausen o di Boulez qualora si identìfichi il "Bello" assoluto con "La Passione secondo Matteo" di Bach. Chi giudicherebbe "Ossi di seppia" di Montale in rapporto a "Le Grazie" foscoliane?
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Non c'è cosa al mondo che possa darmi ristoro quanto il silenzio della mente dopo l'agognato vanire del suo tràffico caòtico.
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Come ogni sapere sbocca in una nuova ignoranza, ogni aspettativa che si realizza è destinata a sboccare nell'indifferenza o nella delusione.
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Molte belle donne avrèbbero il viso meno devastato dal vaiolo di quanto ce l'àbbiano dall'ottusità.
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Ci sono òpere d'arte che si àmano in modo acrìtico e istintivo: quella specie d'amori a prima vista (o ascolto o lettura) che ci accompagnano lungo la vita, o che hanno in sorte d'identificarsi con circoscritti perìodi di essa. Altre òpere invece che si rispèttano, cui si rende omaggio e deferenza; ma la loro grandezza non ci commuove più della caduta dell'Impero romano... Fatta la constatazione, s'aggiunga che non si può stabilire un criterio obiettivo per far rientrare una qualunque òpera nel primo caso o nel secondo. Nè vale il criterio del valore in sé dell'òpera: a chi scrive, per esempio, non è mai piaciuta "La Divina Commedia", ma sempre le "Feste galanti" di Verlaine....
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Il sub tornò in superficie riferendo che al fondo aveva trovato il tòrbido.
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L' "Ottava" di Mahler è così prodigiosamente barocca e rettòrica che quando l'ascolto mi pare d'immergere la faccia in una vasca di panna montata.
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La Storia dimostra che i valori umani non sono assoluti ma cambiano a) lunghi i tempi b) da civiltà a civiltà c) da individuo a individuo. Ciò che era vero ieri è falso oggi, o viceversa; ciò che è buono qui è cattivo là, o viceversa; ciò che è bello per Tizio è brutto per Sempronio... Si potrebbe azzardare che soltanto il relativismo è assoluto se non si cadesse in patente contraddizione.
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Allitteratio. Nel giuoco delle parti le parti invertite partorìscono paradosso o parapiglia.
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La musica d'arte contemporanea è applaudita da strati sempre più larghi di un pùbblico di gusto pur tradizionale; pùbblico che, invece di ribellarsi a ciò che ascolta, prende gusto se mai a sottolineare il consenso manifestato con l'elogio specìfico delle sintassi linguìstiche e dei mòduli espressivi in uso. E tra le due provocazioni - quella della mùsica e quella della fruizione - a rimetterci sembra essere la prima che, nel plauso sospetto d'ipocrisia di chi la fruisce obtorto collo, mortifica una storica ragion d'essere : l'opposizione radicale e insofferente all'alienato consumo di massa.
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Per taluni la crepagione è un'assurdità solo perché non pòngono mente all'equivalente paradossalità della natività.
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Non sono le azioni decisive, ma le cose inùtili ripetute tutti i giorni con meccànica indifferenza o con molestia a farci dimenticare la tràgica insulsàggine dell'esistenza. Auspichiamo di vìvere per realizzarci e invece viviamo per sopravvìvere.
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La coincidenza potrebbe èssere un errore di percorso della Necessità.
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Sono diabètico: il mèdico mi ha consigliato un uso assai moderato dei buoni sentimenti.
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L'attività più elevata dell'uomo è la Polìtica, intesa al bene della comunità. Dal polìtico, "servitore dello Stato", si esige l'intelligenza ("intelligere") che deriva dal sapere, e la competenza che deriva dall'ùmile tirocinio. Il polìtico non dipende da nessuno, ma nel suo considerare ed operare si avvale del filòsofo, del giùdice, dello scienziato, etc... Il polìtico corrotto o corruttore subisce il bando a vita dalla società.
L'attività più elevata dell'uomo è la Polìtica, intesa al bene della comunità. Dal polìtico, "servitore dello Stato", si esige l'intelligenza ("intelligere") che deriva dal sapere, e la competenza che deriva dall'ùmile tirocinio. Il polìtico non dipende da nessuno, ma nel suo considerare ed operare si avvale del filòsofo, del giùdice, dello scienziato, etc... Il polìtico corrotto o corruttore subisce il bando a vita dalla società.
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L'esteta è colui che profuma del Bello il Vero. Il Vero è ciò che si vuole. Il Bello è ciò che è conforme non ad un canone ma al Gusto. Il quale è il grado d'immersione della sensibilità nella Cultura. La quale non è sapere i contenuti dei libri ma l'esistenza di questi libri.
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La mùsica strumentale italiana della prima metà del Settecento - da Corelli a Locatelli, da Geminiani a Vivaldi, da Domenico Scarlatti a Tartini, etc... - segnato un primato d'arte in Europa. In virtù dei prefati compositori il linguaggio dei suoni guadagna e cèlebra quell'armonìa fra le parti, quella calibratura dell'effusione espressiva, quel decoro degli accenti che soli erano appartenuti, da prima, alla statuaria greca del quinto sècolo a.Ch.n. e alla pittura del Cinquecento italiano. E' l'età dell'oro della nostra mùsica, il suo apogeo stòrico. Mai più il linguaggio strumentale del Paese conseguirà tale fulgore, anzi sarà poco a poco infeudato, nell'Ottocento, alla fàbbrica del pretenzioso teatro melodrammatico. Sècolo romàntico, smoderata età del sentimento soggettivo, troppo di frequente prona a boriosi salamelecchi introspettivi, quasi ridicolizzata dal tentativo d'assolutizzare l'uomo col codazzo delle sue risìbili e connaturate miserie. S'infrangerà l'antica armonìa, si polverizzeranno i colori, si tarleranno le forme. E da qui, dall'età argentea ottocentesca, ecco in precìpite successione l'età brulla della latta novecentesca ed infine del fango: o sia l'età del Nulla, o sia la presente e morta.
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La mùsica strumentale italiana della prima metà del Settecento - da Corelli a Locatelli, da Geminiani a Vivaldi, da Domenico Scarlatti a Tartini, etc... - segnato un primato d'arte in Europa. In virtù dei prefati compositori il linguaggio dei suoni guadagna e cèlebra quell'armonìa fra le parti, quella calibratura dell'effusione espressiva, quel decoro degli accenti che soli erano appartenuti, da prima, alla statuaria greca del quinto sècolo a.Ch.n. e alla pittura del Cinquecento italiano. E' l'età dell'oro della nostra mùsica, il suo apogeo stòrico. Mai più il linguaggio strumentale del Paese conseguirà tale fulgore, anzi sarà poco a poco infeudato, nell'Ottocento, alla fàbbrica del pretenzioso teatro melodrammatico. Sècolo romàntico, smoderata età del sentimento soggettivo, troppo di frequente prona a boriosi salamelecchi introspettivi, quasi ridicolizzata dal tentativo d'assolutizzare l'uomo col codazzo delle sue risìbili e connaturate miserie. S'infrangerà l'antica armonìa, si polverizzeranno i colori, si tarleranno le forme. E da qui, dall'età argentea ottocentesca, ecco in precìpite successione l'età brulla della latta novecentesca ed infine del fango: o sia l'età del Nulla, o sia la presente e morta.
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L'art ne compte rien dans le questions capitales de l'existence.
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Mi attrae meno l'umanità della bestia che la bestialità dell'uomo.
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Mi attrae meno l'umanità della bestia che la bestialità dell'uomo.
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Tutto m'induce a crèdere che la Bellezza sia nata prima della vita e sia morta per colpa di questa.
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SE... Se Dio esistesse coinciderebbe con il Tutto, dato che il Tutto è necessariamente uno ed infinito, al pari di Dio, e due infiniti non possono essere concepiti. Se Dio coincidesse con il Tutto, l'uomo non sarebbe fatto ad immagine e somiglianza di Dio, come prèdica il Cristianesimo, ma sarebbe parte di Dio stesso, così come Dio sarebbe il Tutto dell'uomo. Nel qual caso si dovrebbe porre straordinaria attenzione nel giudicare l'uomo poiché si giudicherebbe Dio stesso, ed altrettanta attenzione nel giudicare Dio poiché in Lui ci sarebbe l'uomo...
NB. Il Tutto esiste per evidenza ineluttàbile. Se esista Dio è domanda ineludìbile e ingenua, destinata a perenne attesa di risposta.
NB. Il Tutto esiste per evidenza ineluttàbile. Se esista Dio è domanda ineludìbile e ingenua, destinata a perenne attesa di risposta.
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Raramente tiro fuori la testa dall'"io" per proiettarla nel mondo. E prestamente la ritraggo frastornata dalla noia.
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Anch'io dò ragione a Spinoza, il miràbile pensatore nederlandese, quando afferma che l'uomo non gode di lìbero arbitrio. Ma è una fortuna! Ci mancherebbe altro che ai bìpedi fosse concesso di far ciò che più gli aggrada. Sai te che tragico disfrenarsi "cosmico"! Meglio, molto meglio, lasciar fare alla Necessità, o al Caso: sono più maturi e savi.
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L'altra notte sognavo d'inventarmi il "Tutto". Niente da fare. Tutto esaurito.
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Mi è gradito pensare alla storia della filosofìa come ad una storia di òpere d'arte. Ad esempio, "La crìtica della ragione pura" di Kant, "La fenomenologìa dello Spìrito" di Hegel sono "oggetti" estètici al pari delle "Sinfonìe" di Mozart e di Beethoven. Quanto alla sostanza della filosofìa, essa è materia, dopo gli antichi filòsofi greci, di meri impasti tautològici.
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Un tempo èrano esaltati i capidopera della mùsica. Oggi se ne esàltano gli intèrpreti. Il divismo occulta un vuoto.
Un tempo èrano esaltati i capidopera della mùsica. Oggi se ne esàltano gli intèrpreti. Il divismo occulta un vuoto.
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Sono stato invitato a cena in un raffinato restaurant della metròpoli capitolina. L'inchinato comandante dei camerieri mi ha porto un'interminàbile e variegata lista di vivande prelibate, tra le quali ho scelto delle coquilles Saint-Jacques, irrorate da un Ch^ateau Lafitte... Non appena il divino cibo ha sfiorato le mie labbra imperlate d'acquolina mi si è disvelata un'equazione: la pietanza sta al menu come la cultura all'erudizione.
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Ogni cosa pensata trova in sé una contraddizione che ne vanìfica la formulazione.
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Erano due fratelli indolentissimi. L'uno restava al buio la mattina pur di non sollevare le pàlpebre, l'altro rimaneva desto la notte pur di non abbassarle. Vènnero a lite allorché, in età molto delicata, si trattò di scèndere nel nero gorgo dell'al di là: ciascuno incaricò l'altro di precèderlo.
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Seppure madre Natura c'avesse dotati di quattro od otto gambe saremmo sempre fermi allo stesso punto.
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Se vuoi capire il valore del silenzio, fa' parlare il tuo vicino.
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Seppure madre Natura c'avesse dotati di quattro od otto gambe saremmo sempre fermi allo stesso punto.
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Se vuoi capire il valore del silenzio, fa' parlare il tuo vicino.
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Che miope bislaccherìa imporre lo studio della filosofìa agli adolescenti sui banchi di scuola, quando la filosofìa è la disciplina di sìntesi per eccellenza, volta a raccògliere e ad attribuire un elusivo significato a quanto l'uomo ha incontrato e sperimentato nel corso dell'esistenza! Cosa stolta e vana quanto in Conservatorio far studiare Mozart ai giòvani allievi dei primi corsi di pianoforte, anziché affrontarlo in fine, come bàlsamo dopo aver perlustrato tutti i miraggi e i bui anfratti del sentimento.
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Mi domando se l'illusione sia un medicamento portentoso oppure la rampa di lancio del disinganno.
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A che sto pensando? Oh bella! a nulla sto pensando. Da lunga pezza ho pensato a tutto ciò cui potevo pensare. Oggi, al più, mi faccio pensare, badando a che i riflessi di dell'altrui pensiero non mi ùrtino o ferìscano.
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Ogni volta che passo davanti ad una pasticcerìa e m'avvòlgono i suoi profumi voluminosi e rosei, mi risuònano alla mente le note dei più fastosi Oratori haendeliani.
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Le storie di uòmini sono cose pietose e commoventi, ma la Storia fatta dagli uòmini è cosa meschina e molesta.
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Se basta una preghiera, il rosario è controproducente.
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Sono propenso a giudicare il valore di un pianista dal modo in cui egli suona Mozart, il cui linguaggio costituisce un trabocchetto senza fine; ed il valore di un direttore d'orchestra dal modo nel quale dirige Mahler, le cui Sinfonìe rappresèntano per il podio un cimento infernale sotto il profilo dell'equilibrio e della coesione orchestrali.
Sono propenso a giudicare il valore di un pianista dal modo in cui egli suona Mozart, il cui linguaggio costituisce un trabocchetto senza fine; ed il valore di un direttore d'orchestra dal modo nel quale dirige Mahler, le cui Sinfonìe rappresèntano per il podio un cimento infernale sotto il profilo dell'equilibrio e della coesione orchestrali.
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Alta cultura. Quest'anno il Corso di Musicologìa sarà incentrato su "Riflessi socio-econòmici della pràtica dell "acciaccatura" nel Ducato di Parma a cavallo tra il 1731 e il 1732 in sèguito al passaggio del summentovato Ducato dai Farnese ai Borboni".
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La lettura di una partitura, o di uno spartito, non sempre dà, neppure al provetto musicista o musicòlogo, l'emozione che dà la stessa mùsica nell'atto dell'esecuzione. Valga d'esempio la mùsica fiamminga: in specie le òpere di Ockeghem (il nostro prediletto), Obrecht e Desprès, i cui testi migliori fòndono l'insuperato magistero contrappuntìstico all'afflato di una misteriosa e càrsica ispirazione che soltanto nel vivo ascolto apprezziamo a pieno.
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La certezza è solita esaurirci mentre il dubbio ci arricchisce. Ma si ponga attenzione a che il dubbio non sia declassato a certezza. Si consiglia all'uopo di dubitare del dubbio stesso, lungo un processo senza soluzione di continuità. Rammentiamo che il dubbio è lo strumento più cònsono all'indàgine dell'imperituro mistero entro il quale tiriamo provvisoriamente a campare.
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Il cittadino e il polìtico: le due facce della medaglia. Il polìtico è il portato della coscienza statuale del cittadino, il quale nell'atto di lodare o biasimare il polìtico, in verità loda o biasima se stesso. In senso più lato, ogni pòpolo mostra la propria ìndole civile e culturale, il proprio spìrito collettivo, nella polìtica che lo accompagna.
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Non si dà maggior rischio del puntare sull'uomo qual è.
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Voltaire ha scritto "Le Siècle de Louis XIV" sorseggiando Cognac; Hippolyte Taine ha scritto "L'ancien régime" sorseggiando Grand Marnier.
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Musica est voluptas. Anche.
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Preghiera. Dio mio, guìdami Tu: fa' ch'io possa non più servirmi di quel lìbero arbitrio di cui mi hai dotato e da cui sono così di frequente condotto ad infelicità e a sofferenze, oltreché indotto al peccato. Decidi Tu per me perché le Tue decisioni, al contrario delle mie, sono infallìbili. Ma se proprio dovessi io agire secondo il mio lìbero arbitrio, fa' in modo ch'esso sia degno del Tuo, se è vero com'è vero che Tu hai voluto crearmi a Tua immàgine e simiglianza. Se Tu mi ami compòrtati di conseguenza nei confronti dell'èssere amato. Amen.
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"Chiama beato il morto", ha detto Chilone spartano, uno dei sette sapienti, figlio a Damageto.
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Fin dalle orìgini quasi tutti gli uòmini, senza èsserne consapèvoli, hanno concepito e trattato Dio come "persona".
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Non ripudio mai un ragionamento che mi affàscina sotto il profilo della logica formale soltanto perché se ne dimostra l'erroneità sostanziale.
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Il y a quelque chose de doucement contrefait dans la peinture de Renoir, che ho amato nell'età dell'adolescenza, quando, a dir la verità, amavo ancora più gli agnolotti al burro e salvia che cucinava mia nonna nella sua casa torinese, durante le fugaci vacanze di Natale.
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Capovolgendo un'osservazione di Voltaire, è legittimo azzardare che il suicidio sia molte volte provocato da un eccesso della ragione.
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I sogni più belli non sono forse capolavori cinematogràfici?
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I sogni più belli non sono forse capolavori cinematogràfici?
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"Un vero uomo", "Una vera donna".... Quando sento siffatte definizioni penso sùbito, infastidito, ad èsseri umani eccessivi.
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Non è complicato distìnguere un ottimista da un pessimista. Il primo si vergogna a morte quando perde un cimento, e fà di tutto per passare da vincente; il secondo si vergogna come un reo quando vince e s'industria in tutti i modi a passare da perdente. Sèntono entrambi che ne va non tanto della loro "Weltanschuung" quanto del loro decoro.
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Non pochi tra i rimpròveri che facciamo ai figli sono rimpròveri che volgiamo a noi stessi per non aver fatto alla loro età ciò che ora rimproveriamo loro.
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Fa' pure i complimenti più inverosimili e spudorati. Qualcosa resterà.
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Non esiste la meta ma il moto.
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Ho trascorso le vacanze alla scoperta di me stesso. Passeggiàndomi.
Fa' pure i complimenti più inverosimili e spudorati. Qualcosa resterà.
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Non esiste la meta ma il moto.
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Ho trascorso le vacanze alla scoperta di me stesso. Passeggiàndomi.

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