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Lotterò sempre come un leone - sia pur ferito - per esercitare il mio dùplice ed inviolàbile diritto di giudicare e non èssere giudicato.
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Ognuno ha il sacrosanto diritto di crèdere in ciò che vuole. Non pochi, ad esempio, si crèdono viventi.
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Pàssino pure i "valori", ma per carità, e in nome della morale, asteniàmoci dal salire sulla "scala dei valori".
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"Posso telefonarLe alle 17,30?" "Eviti. A quell'ora penso".
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All'ascolto delle dilaganti e gelatinose Sinfonie di Gustav Mahler, figlie tardive della Décadence, si è colti dalla sensazione che la Bellezza si sia stancamente distesa su tutto ciò che ab orìgine le era alieno, non col propòsito di mondarlo e promuoverlo ma per liquefarsi sulle superfici e tra gli anfratti più bui della realtà quale ci appare nell'inestricàbile totalità. Come se la Bellezza, spossata dall'aria rarefatta delle vette respirata nei sècoli, cedesse ad un gesto d'abbandono, scivolando insieme a pena e rinunzia - nuove sorelle di viaggio - tra le accozzaglie della terra. Si è presi da fitto disagio a fissare lo sguardo su di lei, volto ormai scontornato, che priva di misura e vigore s'aggira brancolando alla ricerca d'un ricetto sotto le volte del diroccato autunno. Si è presi dall'impulso di gridare allo scàndalo di quell'antico oro ora misto a fango, di quello spento aroma intriso del lezzo di cui è cosparsa la sua cute lìvida ed affranta. Poiché questa Bellezza è il segno d'un ideale tradito, l'uomo non le usa misericordia, e neppure fredda tolleranza, ma rancore ed astio; oppure se ne resta muto, incapace di reazione a fronte del malvìvere in cui essa sussulta nell'incessante disfarsi. L'uno dopo l'altro s'annèbbiano i tèrmini di confronto tra i trascorsi incanti della Bellezza e l'agonia dell'ambiguo mostro ch'è divenuta. Al cui cospetto l'uomo è destinato ad annichilirsi in un càlice sbeccato di melancolìa...
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L'esìstere non m'accresce, m'impòlvera.
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Amo e m'affàscina la sottrazione in quanto procedimento inteso al disvelamento del Nulla. Tuttavia non amo la mùsica aforistica di Anton Webern perché la sottrazione vi è impiegata come procedimento inteso all'illusorio e mendace disvelamento dell'essenziale.
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La teorìa è leggiadra, la pràtica è tristanzuola. Perciò stùdiati di programmare ed èvita di fare.
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Girotondo. Esiste la verità? Certo che sì: essa è la domanda stessa che l'uomo si pone. Cui non c'è risposta poiché è domanda scriteriata.
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Non mi è chiaro a che miri il mondo, né ho mai compreso gli uòmini. Perciò sono apolìtico, apartìtico, amorale, areligioso, aconfessionale, astòrico, aneconòmico, acivile, etc.... Per meglio dire: io non sono, e sono fiero di questo non èssere.
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Noi libertini siamo "creazionisti" perché mai rinunzieremmo, a differenza degli "evoluzionisti", all'incomparàbile libìdine del paradiso terrestre e, ancor più, del peccato originale. Del resto, io sono "creazionista" anche perché credo nella creazione del mondo ad òpera di una perniciosa distrazione del Caso.
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Progresso. A condurci alla sìntesi non è più Hegel ma Twitter.
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Ho deciso dopo un lungo travaglio della mia coscienza: mi càndido a governarmi.
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Diffido del concetto romantico di "patria". L'ho sostituito con quello illuminìstico di "civiltà".
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Se la parola è notoriamente impotente, figùrati l'ingenuo escamotage della parola cantata. Odio le òpere lìriche, alcune delle quali mi pàiono baldracche spampanate!
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Non aver niente da dire può èssere sìntomo di profondo benèssere.
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Non di rado sento dire dalle brave persone cui la vita arride che dobbiamo ognora laudare e ringraziare la bontà e la giustizia divine. Ma quando milioni di individui sono uccisi nei campi di sterminio nazisti e nei gulag, o quando denutrizione e epidemie fàlciano milioni di bambini in Africa sento dire che la volontà e la giustizia di Dio sono imperscrutàbili. A tal riguardo sono dell'avviso che non dovremmo sorprènderci più di tanto se questa "imperscrutabilità" divina ci facesse ritrovare in paradiso Attila e negli ìnferi madre Teresa di Calcutta.
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M'è parso di notare che l'intelligenza nasconda sempre, in un modo o in un altro, una supponenza che la rende un qualche poco scimunita.
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Non incontrerai mai peggior egoista del cosiddetto altruista. Quanto ad egoismo, l'egoista sta all'altruista come una goccia d'acqua al mare.
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13 maggio: sia la mamma festeggiata con tènera simpatia e ricolmi affetti, senza peraltro dimenticare che alcune tra loro dovrèbbero smammare fin dalla nàscita.
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Da quando ho letto Kant, tutte le mattine al risveglio bevo il caffé, fumo una sigaretta e mi cambio il noùmeno.
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Un parcours vers la sagesse: au débout apprendre, ensuite douter, enfin oublier.
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Nietzsche asseriva che la vita senza mùsica sarebbe un errore. No. L'errore è la mùsica importunata dalla vita.
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Qualsìasi notizia mi sembra perfettamente eguale alle altre. E tutte assieme crèano attorno a me una fùmida palude di monotonìa.
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La vita dell'uomo non è così lunga da raggiùngere l'età acconcia a pensare.
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Il diàlogo è talvolta una forma sottile e vezzosa di suicidio.
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Quanto più crediamo d'avvicinarci al vero tanto più la realtà s'allontana da noi: come il passeggero al finestrino del treno fermo in stazione s'illude di partire quando lentamente ad avviarsi è il treno sul binario a fianco.
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Dans la constitution d'une société à l'enseigne de la désillusion l'abus de l'art sera impitòyablement puni.
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In primavera le mie certezze come arenaria si sgrètolano in dolce spaesamento.
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L'Europa torna ad essere protagonista della Storia nel momento in cui celebra la propria eclissi. Mesta e popputa d'arte, l'Italia è appendice, scia di un profumo appassito.
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La perenne e acre contrapposizione tra la realtà "oggettiva" e quella del soggetto pensante è la più pietosa guerra tra pòveri.
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Quali disfrenate fantasticherìe o quali abissi insondàbili si cèlano nell'apòlide od aspirante tale?
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"Shéhérazade" di Rimskij-Korsakov: a quale livello di banalizzazione poté precipitare la musica di Wagner? (J'aime beaucoup "Shéhérazade").
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Ormai sull'itàlico suolo arrossìscono anche le òpere d'arte.
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La libertà dell'uomo non contempla necessariamente la di lui dignità. Ma la sua dignità è di per sé la sua libertà.
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Se con pazienza ed ànimo sgombro da pregiudizi ti sarai impegnato a perlustrare i meati spirituali della persona da te sbrigativamente reputata "stùpida", t'imbatterai prima o poi in ciò che tu altrettanto sbrigativamente avevi opinato èssere l'"intelligenza".
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Godo nel discòrrere di cose pleonàstiche: mi dànno il tepore e la sicurezza di un letto rimboccato.
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A forza di ripètere la medèsima parola essa perde significato. Non diversamente i giorni.
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E' ragionevole congetturare che, non avendo fondamento il concetto di unità, i nùmeri non esprìmano nulla.
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Dopo annose e dettagliate riflessioni ho infine individuato la causa dei miei acuti dolori: non sono un contadino. Già, io la zappa me la sono sempre data sui piedi.
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La realtà si configura in un processo infinito di casualità, nel quale l'illusione della volontà umana, ossia del lìbero arbitrio, costituisce per l'uomo il male più acuto e l'inconveniente più dannoso.
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Mi è capitato di desiderare qualcosa di più lieve e refrigerante dell'arte.
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Tutto nella vita è soggetto a consunzione: anche il Nulla. Ma che fascino irresistìbile un Nulla liso e frusto!
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Quale navigata prostituta la cui sottomissione sia pari all'arditezza, la mùsica ti dice tutto ciò che segretamente hai sempre sognato di sentirti dire. L'una e l'altra professano la finzione.
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Non amo le frasi profonde né quelle senza senso. M'affàscinano per contro le proposizioni di scarso significato, forse perché sono un inguarìbile umbratile.
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Non c'è altro contenuto proprio al processo conoscitivo che il fenòmeno. Stolto sarebbe procèdere al di là delle apparenze sensìbili, per cercare noùmeni e sìmili: formidàbile semenza di dogmi.
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La mùsica è un "linguaggio" universale solo nella misura in cui non esprime nulla. Al paro del Tutto.
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Qui est-ce qui à retrouvé Jean Paul Sartre?
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Confidavo ad un amico che non sono infrequenti i casi e le occasioni della vita in cui mi sorge spontanea la domanda perché il Dio imparziale dell'universo infinito ed eterno dovrebbe èssere cattòlico e romano.
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Mahler sta a Wagner come Arbasino a Gadda.
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Alla cronologìa della storia d'Italia manca l'anno 1789. E quest'assenza pesa come un macigno insostenìbile sulla storia contemporanea dello Stivale.
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Poesia. Oh, mirìfico Fato, se sotterra scendesse per avvelenato ortaggio chi d'una feral corruzione ha il già corrotto ìtalo suol seminato!
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Maken we de Maker? (Per chi ancora non conoscesse la lingua nederlandese: "Creiamo noi il Creatore?)
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Ogni volta che ascolto Wagner ci ricasco.
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La civiltà occidentale del Novecento, o sia l'età più prosperosa e variegata di materia escrementale.
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Ad ascoltare a lungo la mùsica di Chopin ecco apparire l'intèrprete seduto dinanzi ad una cesta, in bocca il pìffero e un turbante in testa: il fait le charmeur de serpents.
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Amo farmi abbindolare dagli ingenui perché mi fa sentire regista e non attore.
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E' cosa giudiziosa elogiare ciò che ignoriamo. Solo in questa maniera sapremo di trovarci di fronte alla delusione, anziché èsserne colpiti alle spalle, come accade quando lodiamo ciò che conosciamo, o meglio, presumiamo di conòscere.
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In una notte primaverile lo spìrito mi confidò: "Non sono in grado d'immaginare nulla di più ìnfido della mùsica".
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Quanto più l'aeroplano s'eleva ad alta quota tanto più scorgiamo il paesaggio terrestre appiattirsi ed uniformarsi. Non diversamente quanto più lo spirito si stacca dalle contingenze dell'immanenza tanto più scorgiamo miseramente rimpiccinirsi le faccende del mondo.
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L'ascolto della mùsica di Mendelssohn corrisponde ad una dieta povera di grassi
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Gli èsseri umani, contrariamente a quanto crèdono, non comùnicano punto. Al più s'indovìnano reciprocamente.
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Le "scienze esatte"? Ma nell'universo tutto è esatto: anche le più inverisìmili approssimazioni, i più incongruenti càlcoli, le lògiche più bislacche... Nell'universo nulla è che non dovrebbe èssere esattamente com'è.
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L'enthousiasme est bien souvent sans gou^t.*
Il mio corpo va rimprosciuttendo coll'avanzare della vecchia età così come il mio gusto va appolaiàndosi sulle fredde e scheletrite guglie sonore di Sweelinck e Schuetz.
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De treurigheid is een vrouw van de klok. (Come sopra, per chi ancora non conoscesse la lingua nederlandese: "La tristezza è una signora puntale").
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Ho avuto agio di rilevare che tutto il disprezzo che una persona cova nei tuoi confronti l'appalesa appieno nei modi urbani di salutarti e sorrìderti.
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Bach et d'Holbach, ou les extrémiteés opposées.
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L'Italia è tra i Paesi più corrotti d'Europa. E non di meno è la sua una corruzione mielata, solatìa e punteggiata da opere d'arte inestimàbili.
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Se il tempo cessasse una buona volta di scorrere io cesserei d'èsserne sballottato e frantumato, e finalmente avrei agio di ricostituirmi e ricompormi pezzo per pezzo onde conòscermi... Ma forse ignorarsi è meglio che delùdersi.
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Il cosiddetto artista crea. Il fruitore attribuisce un valore estètico all'òpera creata. La quale è di per sé un oggetto esteticamente neutro, né "bello" né "brutto", vale a dire che non possiede alcun valore poètico intrìnseco ma soltanto quello attribuìtogli secondo sensibilità, culture, èpoche diverse. Il "capolavoro" è nell'uomo, non già in una realtà a lui esterna. In tal senso è lècito dichiarare che le tele di Vermeer o i drammi di Ibsen non "valgono" di più degli scarabocchi di un amateur?
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"e", la congiunzione che ci impedisce di capire l'indistinta realtà dell'universo.
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I variegati e fascinosi strumenti dell'orchestra pòssono rivestire di colori (timbri) una melodia insulsa: le parole un'idea banale.
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In Italia la corruzione è sì veloce e diffusa da èsser giunta a corròmpere se stessa.
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La Raison? Le portail de la folie. La folie? La dimanche de l'homme. L'homme? Un désir pudique et désolé (etc...).
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Chissà che amare non possa significare, fra l'altro, edificare la propria ambasciata nel cuore della persona amata. Sicché noi, destinati a vìvere perennemente in terra straniera, se non ostile, soltanto in quel cuore ritroviamo un segno della patria.
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La tragedia del mondo risiede nel fatto che alla verità di ogni cosa corrisponde la verità dell'esatto contrario di quella. Il pensiero ne è la vìttima sacrificale.
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Memento inameno. Quanto più l'ambizione t'innalza a conquistar l'agognata meta, tanto più il càlcolo t'abbassa a mangiare merda.
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Le mie vecchie certezze sul divenire del tutto si sono incrinate. Ho pensato: non è che tutto cambi incessantemente, forse siamo noi che, viaggiatori della vita, ci spostiamo nel tutto.
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Più s'assòmmano gli anni più la vita s'accorcia, è naturale. Preso dalla crudele consapevolezza del tempo ladro del mio esìstere, sono stato paralizzato dalla furiosa indecisione su quali grandi libri lèggere o rileggere finché ne fossi ancora in tempo: metti l'"Etica" di Spinoza, il "Canzoniere" del Petrarca, l'Antico Testamento, Shakespeare, "Don Chisciotte", "La recherche".... Ogni volta che ne iniziavo uno, dopo poche pàgine lo abbandonavo preso dall'angoscia di non aver compiuto la scelta giusta, e ne cominciavo un altro: una giràndola turbinosa, avvilente, infruttìfera.... Oggi per fortuna ho trovato la soluzione e ritrovato un po' di pace. Ho dismesso i capolavori e leggo, serenato e rincoglionito, i nùmeri delle targhe automobilìstiche, nessuna eguale all'altra a differenza de' capolavori ma tutte sìmili l'une all'altre, a lenimento dei miei dilemmi estètici.
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Non sarebbe niente male la vita se fosse preceduta dalla morte. Ce lo dice il paradiso.
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La più odiosa mascalzonata che si possa fare ad un giòvane è disillùderlo. A ciò è addetta per ufficio la vita.
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Mi è stato assicurato da fonti assai autorèvoli: è vero, inconfutabilissimamente vero che la classe polìtica italiana conta nel suo seno polìtici non corrotti. Ciò mi sgrava e molce il core, inducèndomi ad intrav(v)edere un avvenire meringato.
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Sono felicemente incline a ritenere che d'ogni proposizione sia impossìbile verificare qualsìasi tipo di fondamento. Ciò m'allevia la molestia della presunzione.
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Tristesse. La mia testa è il mio cenotafio.
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Nulla è più sconcio dei gorgheggi di un moralismo farisaico e bigotto. Diffido in ogni caso di coloro che pòstulano il primato dell'agire ètico: a loro la mia tolleranza antepone quei pòveri diàvoli incolpevolmente affetti dal morbo della "moral insanity" (di cui per primo trattò Harold A. Prichard nel 1832).
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Se vuoi ascolta e se puoi disinterèssati a ciò che ascolti.
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L'uomo più che vìvere s'aggrappa. E il pregiudizio è il suo punto di forza.
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L'altra notte, nel colmo della notte, sono stato svegliato di soprassalto da uno sghignazzamento irriverente. Mi sono rizzato sul letto, gli occhi sbarrati, la fronte màdida di sudore. Mi sono proteso nel buio: era il cosmo che sbeffava le scienze sedicenti esatte de' mortali.
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Le cose, più delle persone, sùscitano il mio rispetto. Sono più affidàbili e viaggiano attraverso i sècoli con ànimo maturo.
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"Il y a des gens qui parlent un moment avant que d'avoir pensé" (La Bruyère). Moi, par exemple. E mi sono sempre trovato molto bene. D'altronde se dovèssimo parlare soltanto dopo averci riflettuto sopra diverremmo muti per sempre, giacché il pensiero è il guasto patito dall'uomo. Io sono convinto che Dio, se esiste, esiste perché non pensa. E che non pensi è palesemente dimostrato dal mondo da Lui creato.
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Italie, restaurant sans cuisine.
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Negli stati di forte dubbio e preoccupazione l'uomo tende a dare a poco a poco forma vivente ed animata a cose ed oggetti che inerìscono a quel dubbio e preoccupazione.
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Parlare anche quando non si ha niente da dire è un modo come un altro per non parere superbi.
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L'Idealismo clàssico tedesco ha notoriamente posto la mùsica in vetta alle arti e l'Io in vetta alla realtà. Il risultato della bella accoppiata? Il brbàrico e catastròfico Novecento (ce ne avesse mai scampato Iddio).
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Alle donne di sapere càpita che coll'intelletto s'affini anche il petto.
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Ho fatto un sogno ben strano: Dio si era avvicinato a me e così mi sussurrava all'orecchio: "Caro il mio Henk, ho preso la decisione: vado in pensione perché sono troppo canuto ed esaurito". Stupefatto, mi sono permesso di domandargli chi mai sarebbe stato in grado di sostituirlo. E lui: "Ahimé! nessuno. Tutti coloro cui ho chiesto di prèndere il mio posto hanno risposto in modo elusivo...". Al risveglio ho pensato: "Vedremo tra sei mesi od un anno come senza Dio andranno le cose su questo mondo, sino ad oggi sì bello ed armonioso, sì umano e sovente felice".
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Se mi va bene ho dato una svolta alla mia vita: ho brevettato, e dal prossimo autunno metto in vèndita, il rastrello de' pensieri ingialliti.
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Ho spremuto quintali di parole. Ne è sgocciolato soltanto un minùscolo punto interrogativo. L'ho bevuto. Con mia grande sorpresa l'ho trovato insapore.
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Non esiste il tempo passato perché non esiste ciò che non è più. Non esiste il tempo futuro perché non esiste ciò che non è ancora. Non esiste il tempo presente perché ciò che affermo del presente non è più nel momento in cui viene affermato. Il tempo è dunque un'illusione? Ma allora che cos'è che mi fa rinvecchignire recando seco il tìpico lezzo de' misfatti del tempo?
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Io sono ciò che mi appare mentre vorrei èssere ciò che è.
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Ad ogni modo, tutto ciò ch'è stato resta. A lunghe distanze: nei penetrali della memoria. Beninteso, tutto ciò ch'è stato non è che torni al proscenio, ma la sua immagine - trasfigurata, deformata, spanta, fratta, come che sia - balùgina a quando a quando di strani lucori, o addirittura erompe all'emozione presente, seppur un àttimo, prima d'inabissarsi di nuovo, per imprevedìbile perìodo, nelle fonde cave dell'ànima, nei dèdali dell'apparente oblio. E' tersa voce di verità, questo sentimento ondoso? No di certo, ché la verità è sempre concreta, secondo opina anche l'impietoso Hegel. Ma è pur sempre vita: vita minore dell'io, appartata e frale: boudoir in ombrìa a rimpetto di fulgenti saloni. Da delibare a pìccoli sorsi, con parsimonia...
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Se mai dovessi rinàscere mi sopprimerei prima.
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Omaggio ardito. Ben lusingato sarei se la regina d'Olanda, Beatrix van Oranje-Nassau, si trasferisse in Italia, e prendesse dimora al Quirinale.
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La storiografìa non mi sovviene punto, ed io non mi sovvengo di quando l'accidente accadde: per certo non troppo di recente. Accadde che mister Caos (1), gironzolando tutto acchittone ed avvogliato per l'ètere, s'imbattè in mademoiselle Afrodite (2) che aspettava alla fermata il tramway: "Maronna! Anvedi che quagliozza" sbottò schietto e primordiale. Lei era aromàtica e di stellato crine, vasta del bacino e fondi fondi gli occhioni bleu. Lui, caracollando come un malandrino di borgata ripulito, le mani ficcate nei blue jeans, s'avvicinò e l'ammiccò di sguinciò, poscia le addimandò come distrattamente: "A bbella, che ffai? Aspetti quarcuno?". "Sì, il tramway", fece lei vezzosetta nella mossa ma lo sguardo apparentemente assorto all'orizzonte tramviario. Trascòrsero all'incirca uno, due minuti di sospensione in attesa del destino. Poi lui: "Magari t'anderebbe de venì commè a ffa du' passi?". Lei, femme par excéllence, sgonnellò, deinde, lemme lemme voltò il volto a lui: "P'annà 'ndove?". Lui:" Che nne so... ar cinema, a ballà 'n discoteca se te sconfinferebbe". "Va bbè" consentì la senorita, smussando l'assenso in creanzata circospezione...
Disparve alla vista la neocoppietta lungo la via làttea assai rilucente di dancing, ma mai il mondo seppe se entrorno in un locale pùbblico a danzare minuetti, bachate e merengue, oppure se riparàrono in un sottoscala, in un'àula magna, in un armadio, in un'automòbile, in un campo di tulipani, in un androne, tra le frasche, in una emeroteca, sul bagnasciuga, in un cunìcolo: ché al fabbisogno, ovvero quando l'urgenza trilla, ogni loco è buono, buonissimo, anzi è effigia par excellence di misericorde ausilio. E del resto non necessariamente abbisogna un còmodo letto o giaciglio per recar a compimento l'operazione: uòmini e donne, oltre che sdraiati, si dispòngono alla copulante intrapresa eretti, arrovesciati, inchinati, inarcati, inginocchiati, penzoloni (ossia pènduli da qualche tetto, o pèrtica o liana), serpentini, pecoroni, distaccati quel tanto che non raffreddi, uniti quel tanto che i due bei màdidi fìsici non sìano spiaccicati qual doppia acciuga sott'olio... Si seppe dunque che i due s'accoppiorno: lo si seppe nove mesi appresso, allorché, con assai maraviglia delle genti, venne alla làttea luce una candente creatura cui concordi i genitori impòsero il nome di Eros (in latino Amor, in italiano Amore, in francese Amour, in tedesco Liebe, in nederlandese Liefde...).
D'aspetto tanto gentile e tanto onesto, arricciolato ed arciere, Eros ha fatto del nostro mondo un madornal casino: più ingestìbile dell'ìtala contrada. Ha scombussolato la capa degli umani, gli ha ammattita la ragione, li ha fatti servi di una bramosìa inappagabile (od appena appagata, voilà che risorge dopo poco), li ha resi incapaci di stàrsene da soli: sicché dài coll'uomo indefesso a chercher la femme e dài con la femme intenta nei sècoli, dai diciott'anni ed anche pria fino ai settanta ed anche poi, ad apparecchiare moine, lezii, tenerumi, avvenevolàggini, coquetteries, onde irretir il famelicìssimo sesso barbuto. Inoltre la magnanimità di Eros non nega i propri strali manco alle ànime solinghe: nel deserto, sui tàciti ocèani, nella brulla steppa, nella penombra della schiva stanzetta che funge da imaginìfico ricettàcolo... E loro, le ànime solinghe, se ne approfìttano sùbito della benaccetta "pietas" d'Eros: e dài coll'àlacre ed indefesso rigirìo manuale che pare riandare ai celèrrimi saliscendi degli ascensori che mai s'arrèstano: su e giù, giù e su, lungo i grattacieli di New York, Chicago, Atlanta, Los Angeles, e adesso altresì di Pechino e Shangai (3). Vero si è che Eros, grazie ai semi suoi, consente agli umani di perpetuarsi. Ché altrimenti, se a vedere una donna un uomo gli s'ammosciasse l'arrapamento, e se una donna a vedere un uomo rinculasse rizzàndolesi il crine, ora non ci sarebbe costì Tizio che scribacchia e Sempronio che leggiucchia, né alcuno ad aggirarsi nei dintorni, nel borgo, nelle città e nelle pianure, nei continenti: nessuno più sulla facciaccia dell'universo mondo, proprio così. "Meglio sarebbe", potrebbe osservare un rigoroso cultore del pessimismo alla Cioran... Dipende. Dipende dagli umori d'ognuno, dalla visione del mondo da cui l'uomo è guidato, se sia più proficuo all'uomo èsserci o non èsserci punto (evitando in tal maniera anche la morte, che notoriamente lo mena al non èsserci). Dilemma vano e metafìsico, acconcio a tipi affatto inaffidàbili e désengagés, quali pensionati, neghittosi, grattapanza, bighelloni, inerti, infingardi, falananna...
(1) l'orìgine di tutte le cose, secondo la cosmogonìa greca, a cui s'ha da dare il màssimo crèdito. "Dunque al principio fu il Caos..." (Esiodo, "Teogonia").
(2) dea votata al sesso ed alla fecondazione. Un giorno Crono, incazzatìssimo ignoriamo perché, tagliò i coglioni ad Urano e li getto giù a mare. Il mare fu in tal modo fecondato dai semi di quelle gagliarde palle, e nacque Afrodite: già, "il greco mar da cui vergine nacque Venere". La quale altri asserìscono esser nata in Creta, ma è versione da reputarsi meno realìstica e solenne.
(3) se neppure il frenètico attivismo caro al biblico Onan appagasse l'uomo, bisognerebbe suggerirgli, estrema ratio, di svoltare decisamente verso la Filosofìa, ed in particolare verso quei pensari che proprio nel sesso, comunque inteso e praticato (non esclusa l'"honesta copulatio" santificata dalla Chiesa medievale), indivìduano i più ìnfidi tòssici generati dal Male. S'intenda quella Filosofia che ammonisce: "Il sesso distrae dal retto discernimento, il rovente rovello del pathos aliena dal rigoroso procedimento raziocinante, la foja macchia fin la purità del sillogismo; e insomma attenti giacché i genitali coi loro codazzi erotògeni s'abbàttono con raptus devastante sui santi proponimenti dell'Etica". Eppoi si dia retta agli epicurei e agli stòici che hanno insegnato il modo migliore per liberarsi da sor Eros ed approdare all'autèntica ed inalienàbile felicità: ha nome di "apatìa", ed è assenza di passioni. I cittadini quiriti, che sono stati nei sècoli i maggiori seguaci e consumatori di stoicismo, ùsano l'ambiguo termine di "fregàrsene" (non tragga in fatale inganno questa forma riflessiva di "fregare").

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